martedì 3 dicembre 2019

S. Palomba: la devastazione di un territorio


Il PRINT S. Palomba è situato all’estrema periferia sud, a circa 20 km da Roma, prevede 1.000 appartamenti e 4.000 nuovi residenti, a ridosso di impianti industriali, depositi di carburanti e impianti per il trattamento di rifiuti. Stesse considerazioni sono valide per l’adiacente Programma di Intervento Urbanistico "Paglian Casale", che prevede il consumo di 80 ettari di verde agricolo vincolato, 1.000.000 di mc di nuovo cemento e 7.000 nuovi residenti.



L’impermeabilizzazione di ettari di terreno ha un impatto negativo sulla capacità di reintegro della falda del bacino idrico dei laghi di Albano e di Nemi, tutelata dal DGR n. 445/2009, rischio non valutato, in quanto il progetto è stato incredibilmente ritenuto non assoggettabile a VAS dai competenti uffici regionali.

Anche dal punto di vista dei trasporti la vicinanza con la stazione ferroviaria, sulla linea Roma – Napoli, non offre alcuna garanzia di decongestionare l’area, perché tranne il centro e alcune destinazioni raggiunte dalle linee metro non costituisce un‘alternativa all'automobile per il 90% dei pendolari, come dimostra il quartiere limitrofo di Roma 2 dove per far fronte all'isolamento si fa ricorso in maniera diffusa all'auto privata.
Si tratta di una scelta di politica urbana fallimentare, già sperimentata in altre aree agricole fuori dal GRA, dove il Comune ha abdicato al proprio ruolo di pianificatore lasciando ai costruttori la scelta di cementificare terreni di loro proprietà resi edificabili, nonostante Roma non cresca a livello demografico da circa 20 anni.
Gli stessi costruttori hanno già realizzato nel 1999 un “ghetto” simile, sempre a S. Palomba, nella vicina via dei Papiri (Borgo Sorano), composto da 300 appartamenti affittati al Comune di Roma come case popolari per una media di circa 800 euro al mese, in un’area con quotazioni di mercato decisamente più basse. 



A distanza di 20 anni i residenti di Borgo Sorano, come quelli di altri quartieri limitrofi, ancora non hanno l’allaccio idrico. Addirittura nel 2015 ACEA dichiarava che le risorse idriche non erano sufficienti per servire le case esistenti in quanto la capacità residua era impegnata per “interventi urbanistici di notevole consistenza in fase di rilascio autorizzativo” (cfr PRINT S. Palomba). 



Un’operazione ingiustificata anche dal punto di vista dell’emergenza abitativa, intesa non come mancanza di case (a Roma esistono ben 200.000 case sfitte o invendute) ma come divario tra condizioni economiche personali e prezzi delle case. Infatti i parametri previsti dalla delibera sono superiori ai prezzi di mercato.



Tali scelte influenzano il funzionamento della città e la qualità della vita dei cittadini, ponendo le basi per un altro ghetto in cui deportare famiglie a basso reddito e gli emarginati. Le esperienze precedenti hanno dimostrato come tali scelte creino delle vere e proprie bombe sociali.

Ormai è evidente che le previsioni di crescita demografica del PRG del 2008 sono totalmente sbagliate, ed è necessario rivederlo in un’ottica di consumo di suolo zero.
Problemi come “decoro” e “degrado” sono solo l’effetto della dissennata frammentazione urbanistica. La fotografia della città di Roma fatta dai media raffigura continui disservizi dell’ATAC, rifiuti per strada, una bassa percentuale di differenziata, addirittura in calo, conseguenza dell’impossibilità di garantire servizi di trasporto collettivo e una raccolta porta a porta in centri abitati distanti. I video di animali a passeggio nella periferia non dovrebbero stupire in una città che ha invaso la campagna.
Il criterio utilizzato nella scelta dell’area non rispecchia una pianificazione urbana razionale bensì la volontà di accontentare i proprietari dei terreni, procurando per il Comune di Roma un inutile incremento dei costi. Infatti nello studio di fattibilità e nei pareri espressi durante la conferenza dei servizi non si trova un’analisi degli interventi infrastrutturali previsti né tantomeno dei costi per i cosiddetti servizi di rete, come l’allaccio alla rete idrica, la raccolta dei rifiuti e il trasporto pubblico locale.
Tra tali interventi si può annoverare il progetto di depurazione delle acque del Tevere, realizzato da ACEA per 12 mln di euro da ribaltare sulle nostre bollette, e al momento bloccato grazie a una legge regionale che tutela la salubrità delle acque destinate al consumo umano? Se si continuano a costruire quartieri distanti dalla città solo perché i proprietari di quei terreni avevano un alto grado di influenza politica, significa che ogni mezzo dell’ATAC e dell’AMA dovrà percorrere 40 km più del necessario, rendendoli insostenibili dal punto di vista economico e ambientale.
La convenzione urbanistica attuativa dell’ambito 1 del PRINT S. Palomba del 10 maggio 2018 (vedi estratto sotto) e la delibera n. 41 del 13 giugno 2016, non definiscono i criteri di assegnazione del cosiddetto housing sociale e rimandando a una futura convenzione integrativa. Perché tale mancanza di trasparenza?



La conferenza dei servizi non ha inoltre considerato l’impatto sui Comuni limitrofi, tanto da non convocarli nemmeno. In proposito alleghiamo:
  • la lettera prot. 37631 inviata il 20 giugno 2019 dal Comune di Albano al Comune di Roma, sulle evidenti interferenze sul territorio di propria competenza, come ad esempio l’incremento del traffico privato su infrastrutture viarie già sature o la previsione di un depuratore all’interno della fascia di rispetto del nuovo cimitero,
  • l’interrogazione presentata dal consigliere regionale Marco Cacciatore, sul presunto mancato rispetto del DGR n. 445/2009 per la tutela dei Laghi Albano e di Nemi e degli acquiferi dei Colli Albani, evidenzia le gravi carenze che contraddistinguono l’iter autorizzativo.


Cosa si può fare
  1. Revocare gli atti ritenuti illegittimi in autotutela.
  2. Chiedere una verifica di legittimità degli atti della Sovrintendenza paesaggistica e archeologica.
  3. In ultima istanza convocare una conferenza dei servizi, con i Comuni limitrofi, per definire la “convenzione integrativa” citata dalla Delibera n. 41/2016 e dalla Convenzione attuativa del 2018, nella quale vengano fissati prezzi più bassi di quelli di mercato senza compensazioni pubbliche, affinché sia vero housing sociale, e si preveda una suddivisione in mini lotti con il vincolo di avviarne la costruzione solo dopo l’assegnazione agli inquilini del precedente, per evitare un intervento sovradimensionato rispetto alla reale domanda.
  4. Modificare coerentemente il Regolamento della Regione Lazio n. 18/12, circa i criteri e modalità per la definizione del canone calmierato per l’edilizia sociale, ai sensi dell’articolo 3-ter della Legge Regionale 11 agosto 2009, n. 21.
  5. Adottare una moratoria regionale contro il consumo di suolo che includa anche le aree edificabili non edificate. 

mercoledì 27 febbraio 2019

Opportunità o minaccia per l’ex perla dei Castelli

Ai Castelli hanno chiuso tre ospedali nella speranza di avere un DEA di II livello, cioè una struttura sanitaria operativa 24 ore su 24 in grado di garantire interventi diagnostico terapeutici di emergenza in varie specialità, tra cui cardiochirurgia, neurochirurgia, terapia intensiva neonatale, chirurgia vascolare, ecc... Nell’attesa del DEA ci ritroviamo due ospedali in meno e un “ospedalone” al di sotto delle aspettative.
Il San Giuseppe di Albano è stato chiuso a dicembre 2018, e secondo l’accordo del 2006 l’indomani sarebbe dovuto diventare un presidio sanitario al servizio dei cittadini, nel quale trasferire non solo gli uffici della ASL (ospitati oggi a Villa Corsini a Borgo Garibaldi), ma anche gli ambulatori di via Gallerie di Sotto, gli studi dei medici di base, oltre a nuovi servizi di diagnostica utili a ridurre le lunghissime liste d’attesa, che nel 2019 precludono ancora un’assistenza sanitaria dignitosa a chi non può pagare per fare un esame.

ex ospedale S. Giuseppe

L’amministrazione comunale, come al solito, ha poche idee e confuse e invece di rivendicare l’immediata attuazione dell’accordo si inventa improbabili tavoli con i cittadini per trovare nuove destinazioni per l’ex ospedale, che in realtà ce l’avrebbe già, in continuità con la precedente.
Attuare questa soluzione in fretta, non solo colmerebbe un vuoto prima che il complesso immobiliare diventi preda del degrado come l’ex sede ISFOL, ma libererebbe spazi pubblici prestigiosi come Villa Corsini e centrali come gli ambulatori di via Gallerie di Sotto, nei quali si possono immaginare veramente nuovi servizi e opportunità di rilancio per la città.

Villa Corsini - Borgo Garibaldi

Albano ha collezionato negli anni un ex mattatoio, un ex tribunale e addirittura un’ex circoscrizione a Pavona, senza che fosse stata mai aperta. Infatti il casale di Villa Contarini fu acquistato con tale finalità, ma è rimasto completamente chiuso fino al 2010, quando è stato parzialmente adibito a ludoteca, poco frequentata.
Nonostante questa sovrabbondanza di immobili di proprietà non utilizzati, il Comune spende 421.000 euro di affitti passivi all'anno (centro per l’impiego senza parcheggio in via San Francesco, servizio 118 dentro Villa Altieri, circoscrizione di Pavona su via del Mare, museo della Legione Partica a Cellomaio, ecc…).
L’attuale amministrazione in 9 anni non si è mai posta il problema di come utilizzare il patrimonio immobiliare comunale, mentre ha speso quasi 3.800.000 euro di affitti improduttivi, addirittura la circoscrizione di Pavona costa 33.450 euro all’anno per essere aperta al pubblico solo 2 ore a settimana.
Anche la digitalizzazione offrirebbe occasioni per ottimizzare spazi e personale, erogando servizi e certificati on line, oppure predisponendo sportelli polifunzionali in cui il cittadino possa trovare tutte le risposte di cui ha bisogno.
Non è fantascienza, ma una realtà consolidata in molti Comuni italiani, la differenza la fanno gli amministratori e i cittadini. Per quanto riguarda i primi, ci sono quelli che lavorano per il bene comune dal giorno successivo le elezioni, oppure quelli che pensano agli affari propri, salvo ricordarsi di cercare il consenso a ridosso delle elezioni. A quel punto ci sono i cittadini che abboccano, diventando complici, oppure quelli che lottano per cambiare una realtà inaccettabile.

ex sede ISFOL - Villa Doria